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Laghi Alimini

  • Laghi Alimini, 73028 Otranto LE, Italia
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Natura incontaminata
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Italiano

Description

Alimini Grande è stato generato dalla continua erosione del mare, e si estende in lunghezza per circa 2,5 km e ha una profondità di circa 4 metri. Il bacino di Alimini Grande è circondato quasi completamente da una fascia rocciosa, riccamente ricoperta da folte pinete e macchia mediterranea. Il tratto settentrionale, chiamato Palude Traguano, è pressoché basso e sabbioso; qui sono presenti numerose sorgenti, fra cui la principale chiamata Zudrea che alimenta il lago insieme con il mare. La percentuale di salinità del lago è quasi dello stesso valore di quella del mare, perché appunto, il mare confluisce in esso. I fondali del lago sono ricchi di molluschi e una gran parte del fondale è ricco di Ruppia maritima. Alimini Piccolo è generato da numerose sorgenti di acqua dolce, ed è chiamato anche Fontanelle. Si estende in lunghezza per circa 2 km e la profondità non supera il metro e mezzo. Il lago, che ha sponde basse e pianeggianti, viene alimentato dalla falda freatica del canale Rio Grande che a sua volta è generato dalle numerose sorgenti presenti presso la vicina Serra di Montevergine. Le acque del lago sono quasi sempre dolci, ma durante la stagione estiva, con il fenomeno di evaporazione delle acque, il lago tende a diventare salino. La vegetazione intorno ai due bacini d'acqua è ricchissima e si possono ammirare varie specie di piante, fra cui la rarissima orchidea di palude, la castagna d'acqua, una specie in via di estinzione in Italia, formata da grossi frutti della stessa sembianza della castagna, e l'erba vescica, una pianta carnivora, dotata di minuscoli pettini che, appena sono toccati da insetti, aprono delle vesciche che aspirano al proprio interno le prede. Molto ricca l'avifauna della riserva, costituita da specie migratorie come la cicogna bianca, il fenicottero, dalle gru e dalle oche selvatiche e da alcuni gruppi di cigni. Altri uccelli acquatici sono il germano reale, lo svasso, la marzaiola, la folaga, la spatola, la gallinella d'acqua e il cavaliere d'Italia. Presenti anche specie di rapaci come le albanelle e i falchi di palude, i gheppi, i nibbi, i falconi pellegrini, le poiane e le aquile imperiali. Presenti anche rapaci notturni come il gufo reale, il gufo comune, l'allocco, la civetta e il barbagianni Nei boschi che circondano i laghi è possibile trovare fringuelli, tordi, storni, merli, scriccioli, usignoli e picchi, fagiani, quaglie. I laghi permettono la vita anche di numerosi rettili, come la testuggine d'acqua e di terra, bisce d'acqua, del cervone, della vipera comune e del colubro leopardino. Molto comuni sono i rospi, che spesso raggiungono notevoli dimensioni grazie alla generosa quantità di cibo, le rane, le salamandre e il tritone italico. I mammiferi più comuni sono quelli più tipici del bioma mediterraneo, quali i roditori come gli scoiattoli, i topi campestri, i ghiri, i moscardini, i conigli selvatici e il topo quercino, la grossa istrice, i tassi, le donnole, le faine, le puzzole, i ricci, i furetti e i grossi cinghiali. Le prime notizie certe sui laghi risalgono al 1219 quando, l'imperatore Federico II, con un atto ufficiale, assegnò alla Mensa Arcivescovile della città hydruntina, la terza parte di essi. Nel Medioevo, tale zona, fu fiorentissima di paesi, villaggi, casali e di conventi basiliani, ma, l'invasione dei Turchi, nel 1480, causò l'abbandono di questa bellissima area del Salento. Infatti, i coloni, si rifugiarono nei paesi vicini, protetti da mura e da castelli fortificati. La ripresa dell'interesse economico del comprensorio degli Alimini si verificò nel XVIII secolo, periodo in cui iniziarono varie contese giuridiche sul diritto di proprietà. Tra il 1600 e il 1800 vigeva l'usanza di affittare i laghi per motivi di vallicoltura e di taglio del giunco. Nel 1738, il principe di Muro, Giovanni Battista Protonobilissimo, affittò, per due anni, ad Emanuele Martina, "pubblico negoziante nella città di Lecce, il lago grande, con tutti i singoli jussi, diritti, proventi e raggioni della pescaria di detto lago, alla raggione di 200 ducati l'anno" ("Platea"). Di tutte le entrate, la terza parte, spettava alla Mensa Arcivescovile di Otranto. Da una "Platea" del 1787, si evince che la foce del fiume, attraverso la quale i laghi comunicavano con il mare, "si soleva aprire verso la fine di aprile, o nelli principi di maggio, ed allora incominciava il pesce ad entrarvi; e si proseguiva sino che si chiudeva di nuovo in agosto o luglio. Ed allora si faceva la pesca; si pescavano più sorti di pesci come sono cefali, spinole, capitoni ed altra sorte di pesce, tutti di famosa qualità". Nel 1886, in seguito alla soppressione dei beni ecclesiastici, la terza parte dei bacini, di proprietà della Mensa Arcivescovile, passò al demanio. Anche i rimanenti due terzi, furono assorbiti dal demanio, che affidava le acque in assegnazione privata con diritto esclusivo di pesca, per un tempo massimo di 99 anni. Nel 1800, la campagna che circondava i laghi era desolata e priva di vegetazione. Esistevano solo poche masserie, alcune delle quali erano disabitate per quasi tutto l'anno, a causa dell'aria nociva prodotta dalle paludi. In quest'area, il rischio di contrarre la malaria era molto alto in estate, quando le zone paludose si prosciugavano. I contadini più valorosi, si recavano nei loro campi durante l'inverno per i lavori di aratura e di semina, e vi facevano ritorno nel periodo della mietitura e della trebbiatura. La paura del contagio era sempre presente, ragion per cui cercavano di finire il lavoro nel minor tempo possibile. In alcuni periodi dell'anno, e con scarso guadagno, la terra intorno ai bacini veniva utilizzata per far pascolare il bestiame.

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