Il Castello, dal fascino rimasto inalterato anche in virtù della sua posizione dominante e maestosa sulla vallata, è costruito su una piattaforma di lave e fatto della stessa pietra. È oggi sede del Museo archeologico nazionale del melfese le cui raccolte illustrano la vita, le credenze e i costumi delle popolazioni che hanno frequentato queste fertili terre dalla protostoria fino all’età romana. Il Museo è intitolato all’archeologo Massimo Pallottino (1909-1995), tra i maggiori specialisti dell’Italia preromana, unanimemente considerato il fondatore della moderna etruscologia. Il Museo, ubicato all'interno del castello federiciano di Melfi, presenta l'importante documentazione archeologica rinvenuta nel comprensorio del Vulture-Melfese. All'età arcaica risalgono i corredi funerari che hanno restituito raffinate ceramiche daunie a decorazione geometrica, armature in bronzo, preziosi ornamenti in argento, oro e ambra nonché vasi in bronzo di produzione sia greca che etrusca. La sezione classica è incentrata su straordinari reperti di IV-III secolo a.C. tra cui ceramiche magno-greche a figure rosse e monumentali vasi a decorazione policroma con figure applicate, di produzione canosina, rinvenuti a Lavello (l'antica Forentum). La fase romana è documentata da un eccezionale sarcofago in marmo del II secolo d.C. con decorazione a rilievo, riferibile a botteghe dell'Asia Minore che presenta sul coperchio la defunta "dormiente" e sulle lastre laterali dei ed eroi romani inquadrati in nicchie.
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